PERSEVERARE NON E’ DIABOLICO

Perchè perseverare non è diabolico?

Abbiamo spesso sentito ed usato questo detto: “Errare è umano, perseverare è diabolico”.

Ma sappiamo da dove arriva e qual è il vero significato della frase? Sinceramente non me ne frega una fava. A me sembra solo un ammonimento a non sbagliare mai.
È pur vero che ai giorni nostri siamo bombardati da una marea di input e di paure. Abbiamo a portata di mano così tante informazioni che a volte non sappiamo cosa farcene. Anzi, alcune volta ci danno più dubbi che certezze. Invece che basare le nostre scelte sulle nostre sensazioni cerchiamo le opinioni degli altri e ci facciamo condizionare sulle decisioni da prendere con il risultato che, alla fine, ci diamo noi stessi le giustificazioni per aver deciso una cosa piuttosto che un’altra.

In sostanza, abbiamo cosi paura di sbagliare che impieghiamo secoli per scegliere il ristorante, la vacanza, il computer, la borsa, la macchina e qualsiasi altra str…ata. Ma qualcuno si rende, invece, conto del tempo buttato? È giusto non scialacquare e, trattandosi di acquisti costosi, è meglio stare attenti… ma allora forse, certi acquisti, certe scelte dovrebbero essere fatte diversamente e con criteri più opportuni… ma questa è un’altra storia.

Quello che voglio dire è che prevenire ogni male sta diventando un’ossessione. Dal prendere uno spigolo in testa al raffreddore. Dalla scarpa stretta al pianificare se quel dato giorno pioverà o meno e quindi scegliere il ristorante in funzione di questo.

C’è, insomma, un’ossessione a non sbagliare … cosi pressante che sbagliare non è più così umano, figuriamoci perseverare.

Questa cosa, purtroppo, non si verifica solo nella vita privata ma anche, e soprattutto, negli ambienti lavorativi. Non ci sono più margini di errore, tutto si svolge all’insegna del Risk Management. Ci sono più controllori che venditori, più risk manager che operai. Insomma, sbagliare è tutto. O meglio NON SBAGLIARE è tutto.

La cosa che mi fa impazzire è che nelle multinazionali ti fanno fare tutti quei corsi in cui ti invitano ad essere creativo, a fare un lavoro di squadra, il brainstorming etc… No, scusate… questo succedeva 5 anni fa. Adesso i corsi sono sulle procedure, la sicurezza, sugli strumenti da usare per pianificare ogni minimo dettaglio.

I presidi, le insegnanti e tutti gli organi di controllo si scervellano per verificare quali sono i possibili casi da evitare e come prevenire certe problematiche (che poi, anche sull’efficacia di certe decisioni, se ne potrebbe parlare a non finire).
Per non parlare delle valutazioni delle performance, dei risultati ottenuti e di come certi errori vengano stigmatizzati. E questo purtroppo avviene anche e soprattutto a scuola. Prendi un 3 alla prima verifica e sembra che si sia aperta una voragine che ti porterà all’inferno. Si è vero: non ti sei impegnato, potevi fare di più, hai studiato male, te ne sei fregato. Ma il “succo” è che, di quel 3, se ne parlerà per tutta la vita.

Certo è che questi nostri ragazzi debbano capire che l’impegno è importante e che nella vita non ci sono scorciatoie. Che devono trovare da soli le motivazioni per crearsi il loro futuro. Ma non è evitando gli errori che si diventerà grandi. Non è non cadendo che si diventerà forti, non è non amando che non si proverà dolore, e non è con l’indifferenza che diventeremo contenti di noi stessi.
Sbagliare e perseverare non è diabolico. È la cosa più umana che possa esistere. Da’ un senso dell’impegno che una persona mette in quello che fa. Perseverare nell’errore (assumendo che si faccia tesoro dei propri sbagli) mi dice quanto quella persona è capace di reggere lo stress, di crescere e di essere flessibile a provare nuove soluzioni.

Perseverare è il solo modo per ottenere risultati e diventare forti.
Come diceva Confucio: La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta.

Se non sbagli mai non è detto che tu sia forte, bravo, costante… Prima o poi tutti sbagliamo e se nella vita ci hanno rotto i maroni con l’idea che errare è sbagliato, quel giorno che sbagliamo ci crollerà il mondo addosso. Si rischia la depressione. Come dite??? Sto esagerando?? Se sei della mia generazione ti sembrerà assurdo ma se ti sei guardato/guardata attorno vedrai che il mondo è pieno di ragazzi che hanno mollato dopo il primo sbaglio. Che hanno lasciato il lavoro perché non hanno retto la pressione, che non hanno avuto la costanza di continuare ad imparare e a fare esperienza, che sono troppo dipendenti dalla soddisfazione istantanea a cui i social, la tv via satellite, netflix e (non meno importante) google ci hanno abituati.

Qualche anno fa ero ad una riunione con una società sportiva perché la psicologa della squadra aveva invitato genitori e dirigenti a discutere dell’impegno dei ragazzi nello sport. È venuto fuori che molti lasciano l’attività (agonistica o dilettantistica che sia) intorno ai 16 anni. Sembrava quasi una soglia “digitale” e, a quel tempo, ritenevo che il problema fosse legato agli impegni scolastici.

Oggi, forse sbagliando, direi che le motivazioni dietro all’abbandono di un impegno costante da parte dei ragazzi abbia motivazioni più banali ma anche più critiche. Innanzitutto, molti di quei ragazzi, avviati allo sport dai genitori, sono lo specchio delle insoddisfazioni e delle aspirazioni di padri e madri che vedono nei propri figli la rivincita della loro vita. Altri, invece, non hanno retto (e non reggono) la pressione per la performance, gli orari degli allenamenti, la sconfitta, la durezza degli allenatori e le invidie tra compagni. In fondo, in verità, c’è l’idea che tutto debba andare bene al primo tentativo e che “sudare” per ottenere qualcosa di concreto non è contemplato.

Queste cose le vediamo tutti i gironi anche su noi stessi: decidiamo di fare sport (per motivi che non sto qui a trattare) aspettandoci risultati in qualche giorno. Poi, quando questo non arriva, smettiamo di perseverare ed accettiamo il fallimento 

Ed invece dovremmo continuare a sudare, lottare, provare e riprovare a superare i nostri limiti. Sbagliare ed imparare dai nostri errori. Allenarci perché i limiti sono solo nella nostra mente e sbagliare per imparare a fare meglio.

Tutti, dai genitori agli insegnanti, dai datori di lavoro ai capi di organizzazioni, dovrebbero incoraggiare i nostri giovani a sbagliare consapevolmente. Ma prima di tutto, gli adulti dovrebbero capire che anche in età avanzata, in piena saggezza, c’è un mondo che si apre ogni volta che proviamo. C’è una porta che si apre in ogni errore e bisognerebbe ritrovare l’entusiasmo di sperimentare, di sentirsi dire di NO e riprovarci in altro modo. Solo cosi si acquista elasticità mentale e creatività: due cose che ci mantengono giovani e capaci di rapportarci con i giovani che affrontano un mondo in pieno cambiamento. Cambiamento che dentro di noi avviene in ogni secondo anche se crediamo che da un certo punto in poi non siamo più in grado di poter fare cose eccezionali. 

Il personaggio che mi sta dando carica recentemente è David Goggins. Di certo, per molti, un personaggio dalle scelte discutibili. Le sue avventure risalgono a qualche anno fa e della sua genuinità, della sua resilienza, resistenza fisica e mentale, ne avremmo bisogno un po’ tutti..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Italian

ACCEDI AI CONTENUTI

DIVENTA DEI NOSTRI

ACCEDI AI CONTENUTI

DIVENTA DEI NOSTRI